La critica radicale del capitalismo e delle sue proprie autorappresentazioni (dal liberismo a gran parte del marxismo) non può non passare per una critica altrettanto profonda di numerosi aspetti della civilizzazione. L’ultima fase, chiamata “progresso” (industrialismo capitalistico), ha realizzato dinamiche di dominio, potere e gerarchia pienamente compiute, ossia tanto “impersonali” quanto interiorizzate ed una corrispettiva regressione antropologica assai preoccupante. E tuttavia i segni della sua disintegrazione sono vieppiù manifesti. Al "sistema" restano reiterati pomposi proclami, colpi di coda e cittadelle fortificate. L’umanità si trova oggi a essere "una pezza sul culo della civiltà". Sarà in grado di "scucirsene"?
sito in costruzione
Vista in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi all'incirca così: su in alto i grandi magnati dei trust dei diversi gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori importanti; sotto di essi – suddivise in singoli strati – le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capiufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti quanti, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati.
Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall'orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo. Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali. [...] Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato.
M. Horkheimer, "Il grattacielo", in Crepuscolo. Appunti presi in Germania 1926-1931
Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall'orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo. Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali. [...] Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato.
M. Horkheimer, "Il grattacielo", in Crepuscolo. Appunti presi in Germania 1926-1931
... This critique analyzes the working class as an integral element of capitalism rather than as the embodiment of its negation.
M. Postone, Time, labour and social domination
M. Postone, Time, labour and social domination
Il mio ottimismo si fonda sulla certezza che questa civiltà crollerà. Il mio pessimismo su tutto ciò che essa farà per trascinarsi nella sua caduta Guy Debord
Invece del motto conservatore, “Un giusto salario giornaliero per una giusta giornata lavorativa!” dovrebbero scrivere sulle loro bandiere la parola d’ordine rivoluzionaria: “Abolizione del sistema del lavoro salariato!”
Karl Marx alle trade unions, 1865
Karl Marx alle trade unions, 1865
… è ormai diventato evidente che, nel capitalismo, la tecnologia, le forme del lavoro etc, inclusa l’ideologia del progresso materiale, sono diventati parte del problema, e non la sua soluzione.
James O'Connor, in L'ecomarxismo
James O'Connor, in L'ecomarxismo
Avremmo bisogno di un diverso concetto degli animali, più saggio e forse più poetico... Trattiamo con condiscendenza la loro incompletezza e il tragico destino di avere assunto una forma assai inferiore alla nostra, e in questo sbagliamo: non possiamo misurare gli animali con il nostro stesso metro. In un mondo più arcaico e completo del nostro gli animali si muovevano compiuti e perfetti, dotati di percezioni sensoriali che noi non abbiamo mai raggiunto o abbiamo perduto, vivendo di gridi che non udremo mai. Gli animali non sono nostri fratelli né subalterni; sono popoli altri, coinvolti come noi nella trama della vita e del tempo, compagni di prigionia dello splendido e faticoso travaglio della terra.
Henry Beston
Henry Beston
Ciò che devo constatare sono le devastazioni attuali, la scomparsa spaventosa delle specie viventi, sia quelle vegetali sia quelle animali, e il fatto che la specie umana – a partire dal fatto stesso della attuale densità di popolazione – vive in un tipo di regime di avvelenamento interno, e io penso al presente e al mondo nel quale sto per finire la mia vita. Questo non è un mondo che amo.
Claude Lévi-Strauss
Claude Lévi-Strauss
"E' necessario un 'futuro primitivo', in cui un rapporto vivace con il mondo ed una partecipazione intima e fluida con la natura si sostituiscano al regno 'cosificato' della civiltà simbolica".
J. Zerzan, Dizionario primitivista
J. Zerzan, Dizionario primitivista
Il solo atteggiamento responsabile è quello di vietarsi l'abuso ideologico della propria esistenza, e - per il resto - condursi, nella vita privata, con la modestia e la mancanza di pretese a cui ci obbliga, da tempo, non più la buona educazione, ma la vergogna di possedere ancora, nell'inferno, l'aria per respirare. T. W. Adorno, par. 6, 1944
Non c'è più nulla di innocuo. Le piccole gioie, le manifestazioni della vita ... entrano immediatamente al servizio del loro estremo opposto ... l'innocente "Che bello!" diventa una scusa per l'ignominia di un'esistenza che è del tutto diversa; e non c'è più bellezza e conforto se non nello sguardo che fissa l'orrore, gli tiene testa, e, nella coscienza irriducibile della sua negatività, ritiene la possibilità del meglio. Conviene diffidare di tutto ciò che è leggero e spensierato, di tutto ciò che si lascia andare e implica indulgenza verso la strapotenza dell'esistente ... Il colloquio accidentale in treno, in cui, per evitare una lite, si consente ad un paio di affermazioni di cui si sa che, in ultima istanza, conducono all'omicidio, è già un tradimento ... Da ogni spettacolo cinematografico, m'accorgo di ritornare, nonostante ogni vigilanza, più stupido e più cattivo. La stessa socievolezza è partecipazione all'ingiustizia ... e la parole facile, cordiale, contribuisce a perpetuare il silenzio ... Chi si conforma alla debolezza degli oppressi, ribadisce, in questa debolezza, la premessa del dominio ... Per l'intellettuale, la solitudine più scrupolosa è la sola forma in cui può conservare un'ombra di solidarietà. Ogni collaborazione, ogni umanità di rapporti e di partecipazione non è che una maschera per la tacita accettazione dell'inumano. Non si deve simpatizzare con gli altri che nella sofferenza: il più piccolo passo verso le loro gioie è un passo verso l'indurimento della sofferenza. T. W. Adorno, par. 5, 1944
Mimima moralia
Ciò che rende la nostra fase storica, il nostro sistema sociale l’apice di un processo di civilizzazione barbarico è un sistema industriale che ha fatto della produzione e consumo della morte o se si vuole della distruzione della vita il suo principale business. Questo sistema è caratterizzato da una solidità al proprio interno che non ha pari nella storia delle dinamiche sociali. La massa dei lavoratori salariati infatti ha fatto di questo sistema di produzione e consumo di morte la sua unica ragione d’esistenza. Specie gli interessi delle grandi corporation e dei salariati che in esse e per esse lavorano sono del tutto identici, una cosa sola. La socializzazione della produzione invece che leva per un superamento s’è mostrata il principale strumento di conservazione d’una vita sociale che ha fatto della vita tout court un inferno. Il quadro che presenta lo stato della nostra specie su questo pianeta è divenuto quello di un immenso campo di concentramento e sterminio per piante, animali ed esseri umani, in cui questi ultimi svolgono il ruolo di direttori ed esecutori di un massacro continuato secondo i diktat dell’apparato tecnico-scientifico. Non si troveranno kapò tra gli animali. E’’ impossibile pensare ad un superamento di questo stato di permanente produzione di morte, di questa “condanna di morte a vita” (1) ad opera di qualche elemento interno al sistema. Piante ed animali ne sono incapaci e gli unici capaci se ne guardano bene dall’interrompere un gioco che non prevede mai la pistola sia puntata contro i suoi artefici. Qualcuno osservò che "One can only speak of the victory of the proletarians to the extent that one simultaneously affirms that they will not realize it as proletarians, but in negating themselves, in posing man."(2). L’ovvietà così opportunamente evidenziata ne tradisce la sua impossibilità. Il sistema mostruoso messo in campo dall’apparato tecnico-scientifico per come lo conosciamo può cessare solo se questo sistema cessa di funzionare; solo se è incapace di riprodursi, come può accadere ad un singolo o collettivo organismo vivente.
Nel nostro caso, tuttavia, il presente organismo sociale ha sempre mostrato di sapersi riprendere dalle sue continue difficoltà, facendoci assistere a ripetuti déjà vu. Sembra che l’unico modo perché cessi di esistere non sia endogeno, ma esogeno, ossia legato alla distruzione delle stesse condizioni materiali della sua riproduzione da esso stesso provocata, ossia solo per via di una catastrofe non sociale ma anzitutto ecologica. In questo prospettiva non c’è da stare allegri, giacché dovremmo allora vergognarci, per dirla con Adorno, nell'inferno che stiamo creando per le altre specie, di avere ancora l’aria per respirare.
1 L’espressione è di T. W. Adorno; 2 Jacques Camatte, Capital and community, 1972
Nel nostro caso, tuttavia, il presente organismo sociale ha sempre mostrato di sapersi riprendere dalle sue continue difficoltà, facendoci assistere a ripetuti déjà vu. Sembra che l’unico modo perché cessi di esistere non sia endogeno, ma esogeno, ossia legato alla distruzione delle stesse condizioni materiali della sua riproduzione da esso stesso provocata, ossia solo per via di una catastrofe non sociale ma anzitutto ecologica. In questo prospettiva non c’è da stare allegri, giacché dovremmo allora vergognarci, per dirla con Adorno, nell'inferno che stiamo creando per le altre specie, di avere ancora l’aria per respirare.
1 L’espressione è di T. W. Adorno; 2 Jacques Camatte, Capital and community, 1972